lunedì 7 febbraio 2022

I Do Not Care If We Go Down in History as Barbarians (2018)

«Non mi importa se passeremo alla storia come barbari», queste furono le parole del ministro rumeno filonazista Mihai Antonescu pronunciate l'8 Luglio del 1941, dopo che si fece promotore in prima persona della Pogrom di Iași, avvenuta nello Giugno dello stesso anno, dando il via libera alla persecuzione, la deportazione e lo sterminio di tutti gli ebrei rumeni, impedendogli anche di emigrare dalla loro terra e annullando la protezione diplomatica che questi avevano in Paesi stranieri caduti sotto la dominazione nazista. Ad oggi si stima che 380.000 ebrei furono uccisi dai rumeni, come sottolinea lo storico Raul Hilberg, un numero così alto da rendere la Romania il Paese che ne ha uccisi di più subito dopo la Germania Nazista. Questa terribile memoria storica tenuta tutt'ora all'oscuro o comunque negata dalla gran parte della popolazione rumena, diviene il soggetto del film di Radu Jude che è un'opera a metà tra la finzione della messa in scena e il realismo del documentario. Il film si apre con l'immagine dell'attrice Iana Jacob davanti allo spiazzante sfondo di cingolati e varie armi d’epoca in un museo, che si presenta allo spettatore e descrive il ruolo che andrà interpretare nel film, quello di Mariana Marim, una regista teatrale che vuole mettere in scena un reenactment intitolato "Morte di una nazione" in una piazza di Bucarest (e qui il riferimento all'omonimo film di Griffith è volutamente provocatorio). Lo spettacolo teatrale vuole rievocare gli scontri avvenuti sul fronte orientale di Odessa nel 1941, quando la città fu occupata dai rumeni alleati con i nazisti tedeschi e fu attuato il conseguente sterminio degli ebrei. Per gran parte del film seguiremo la regista durante la preparazione dello spettacolo e le sue difficoltà a difenderlo, infatti una parte del casting coinvolto e un funzionario municipale della cultura che finanzia il progetto non tarderanno a cercare di boicottarlo perché non in linea alla rievocazione militare "patriottica" che si aspettavano. Una rievocazione che si scontra con quella propagandata da sempre dalla cultura di massa rumena e che vede in Antonescu un eroe nazionale piuttosto che un carnefice, come rappresentato persino in un popolare film televisivo rumeno intitolato "Lo specchio" diretto da Sergiu Nicolaescu nel 1993, del quale Radu mostra alcuni spezzoni e dove viene falsamente raccontato che non ha avuto alcuna responsabilità sulla deportazione degli ebrei. Ma non mancheranno le polemiche anche da un esponente della comunità ebraica, che per una lasciva e ripugnante questione razziale, pregherà la regista di non mescolare gli ebrei con i rom durante la rappresentazione della strage.
Radu con una vigorosa consapevolezza del cinema come atto politico, non lontana da grandi autori come Peter Watkins, Jean-Luc Godard e Joshua Oppenheimer, gestisce la messa in scena in maniera ingegnosa e potente, quasi prepotente per l'enorme mole di informazioni, argomentazioni e capacità critiche che riesce a sollevare in soli due ore attraverso il materiale d'archivio e i dibattiti sostenuti della sua determinata protagonista (che rappresenta il suo alter-ego). Formalmente predilige i piano sequenza e i campi medi dove gli attori si incastrano nello spazio come compressi dagli oggetti militari dello sfondo: le lunghe e accese conversazioni tra la regista e il funzionario avvengono tra l'imponente e minacciosa presenza di carri armati che nascondono memorie storiche raccapriccianti e che Radu non perde tempo di comunicare allo spettatore, come quella di un carro armato completamente forato da proiettili, dove durante la guerra vi fu posta sopra la testa decapitata di un ufficiale e che ora nel contesto museale sembra aver perso ogni traccia di quella memoria. Mariana Marim ci guida lentamente verso un finale che definire destabilizzante è dir poco, nell'ultima mezz'ora del film viene rappresentato lo spettacolo teatrale senza censure, così come originariamente pensato dalla regista, proprio in una piazza di Bucarest e sotto gli occhi di un vero pubblico ripreso attentamente dai cameramen per immortalare le loro reazioni come in una sorta di esperimento sociale. In questo momento l'elemento di finzione del film viene surclassato dalla forza documentaristica, Mariana Marim diventa quindi Iana Jacob, o viceversa, le due realtà si intersecano per raggiungere la verità. L'intera scena dello spettacolo è gestita davvero magistralmente, ha un impatto non dissimile alla straordinaria rievocazione del massacro in "The Act of Killing" di Joshua Oppenheimer. Con grande sorpresa della regista/attrice - e dello spettatore del film - la maggior parte del pubblico rumeno inveisce violentemente contro gli ebrei e applaude il discorso di Antonescu nonostante la rappresentazione del massacro. Se nel capolavoro di Opeenheimer i carnefici avevano in qualche modo la possibilità, attraverso la rievocazione, di interrogare la propria coscienza, qui la rievocazione storica e la testimonianza del suo orrore si dissolvono nella cieca e disumanizzante piaga dell'antisemitismo. Lo spettacolo si rivela un evento annichilente, che lascia attoniti e smarriti per la totale assenza di empatia da parte del pubblico rumeno. Radu costruisce qualcosa di sconvolgente che mette in discussione anche il potere stesso dell'arte. Gli interrogativi dopo la visione sono tantissimi e sarebbe persino riduttivo affrontarli uno ad uno. La certezza è che ci troviamo di fronte ad uno dei film più importanti e destabilizzanti del XXI secolo.


Il film sottotitolato in italiano, può essere visionato in streaming sulla piattaforma di miocinema.

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