• «Non mi importa se passeremo alla storia come barbari» non solo rappresenta la piena maturità artistica di Radu Jude, ma è anche uno dei più grandi film del XXI Secolo...
  • Il film di Peter Watkins è la risposta cinematografica alla trappola della "monoforma", prestandosi ad essere uno dei film-manifesto più rivoluzionari della storia del cinema...
  • Cosa è più importante? La vita o le idee? Il corpo o l'anima? Il visibile o l'invisibile? Questo è quello che si chiede insistentemente la regista sovietica per gran parte della durata dell'opera...
  • È d'obbligo la sua visione prima di scomparire da questo mondo, ma soprattutto prima di continuare a leggere questo blog che porta con tanto onore il suo nome.

mercoledì 15 novembre 2023

Kukolka (1988)

"Kukolka" (in italiano "Bambola"), conosciuto a livello internazionale con il titolo "A Little Doll",  è un film sovietico di Isaak Fridberg che purtroppo è rimasto inedito per gran parte dei Paesi in occidente fino ad oggi. Come avevamo già visto nel suo capolavoro "Walking Down the Place of a Skull", Fridberg sollevava importanti riflessioni sulla crisi dei valori che la società sovietica stava attraversando durante i burrascosi eventi della perestrojka fino al crollo dell'URSS e che, a posteriori, si sono rivelate persino profetiche. In "Kukolka" (che girò 4 anni prima basandosi sulla sceneggiatura di Igor Ageev "Una storia non sportiva" pubblicata sulla rivista Kinoscripts nel 1987), lo fece anche in maniera più diretta attraverso la storia della sedicenne Tanya Serebryakova, una campionessa di ginnastica artistica che a seguito di un grave infortunio alla schiena è costretta ad abbandonare il mondo dello sport, finendo tra i banchi di scuola di una comune scuola sovietica. L'allenatore di Tanya le dichiara che in un anno potrebbe tornare a gareggiare, ma lei consapevole di come funziona quel mondo capisce che ormai è stata abbandonata. Sentendosi tradita da quello stesso sistema e Paese che poco prima ne facevano un simbolo di orgoglio nazionale, ora la rabbia di Tanya la porta a trasformarsi in una ribelle del sistema, un simbolo della rivoluzione perestrojka. Avendo interiorizzato la cultura liberale durante le sue competizioni in occidente, comincerà a protestare contro piccole cose del sistema scolastico come la divisa femminile, fino ad arrivare a influenzare e corrompere i suoi compagni di classe prestandoli oggetti di lusso come un lettore musicale, una calcolatrice o facendoli guardare VHS di film americani, in cambio di piccoli favori che le permetteranno di ottenere il completo controllo della classe, che lei chiama "branco". La sua forte personalità e preparazione atletica le permetteranno persino di tenere testa ai bulli, diventando ben presto una sorta di leader rispettata da tutta la scuola. Il suo comportamento metterà in grave crisi la sua insegnante di classe Elena Mikhailovna, che tenterà disperatamente di ristabilire l'ordine, quel vecchio "ordine" che ormai risulta obsoleto per gli studenti; le cose precipiteranno quando inviterà i suoi alunni alla sua festa di compleanno ma alla fine non si presenterà nessuno, perché Tanya organizzerà una finta festa di compleanno al solo fine di isolarla da tutti e in particolare da Panov, un suo compagno di classe di cui è innamorata e che sospetta abbia una relazione sentimentale con l'insegnante. Elena sentendosi tradita dalla classe arriverà a mettere ai voti la nomina di un nuovo insegnante, ma inserendo come altra candidata una delle sue alunne, questo gesto provocatorio quanto grottesco sortirà l'effetto voluto: la classe imbarazzata lascerà che Elena rimanga alla sua cattedra. È interessante come Fridberg riesca tramite queste piccole azioni dei suoi personaggi a far corrispondere i sentimenti della società di quel periodo: da un lato la proposta di una democratizzazione che non gioca ad armi pari per mantenere il suo potere, dall'altro una rivoluzione avventata, a tratti arrogante, che in nome delle libertà individuali si appropria di un potere mirato a controllare la collettività. 
Ma d'altro canto come Elena dichiarerà nel finale, quando si finisce per rovinare il destino di qualcuno, alla fine si accetta di rovinare quello di chiunque, compreso il proprio. La rabbia di Tanya non solo si è trasformata in una protesta contro l'autorità ma anche contro se stessa, contro tutto ciò che lei sa che non potrà più tornare ad essere. E allora anche il futuro della perestrojka non si rivela essere così luminoso come sembrava.
Un film crudo e amaro, con una regia eclettica che dissolve la sua iniziale impronta realistica in un tetro misticismo, la cupa e glaciale fotografia di Vladimir Nakhabtsev e l'inquietate colonna sonora di David Tukhmanov definiscono particolarmente questo aspetto.
Tanya è interpretata da una indimenticabile Svetlana Zasypkina, anche lei ginnasta agonista che nel 1988 fu costretta a ritirarsi a causa dello stesso infortuno della sua personaggia, nel film infatti interpreta in gran parte se stessa, tant'è che l'attrice ha dichiarato praticamente di non aver recitato, ma di essersi semplicemente mostrata sul set per quello che era veramente. L'insegnante Elena è interpretata magnificamente dall'attrice Irina Metlitskaya, che sfortunatamente è prematuramente scomparsa nel '97. 
Nel 1989, il film al Festival di Berlino Ovest si aggiudicò il premio CIFEJ (Centro internazionale per i film per bambini e giovani) e il premio dell'UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia).
Nel 2012, lo scrittore Mikhail Androsov ispirato dalla pellicola ha scritto il romanzo "Esercizi a terra", che è una continuazione della storia raccontata nel film.


Il film può essere visionato in streaming su Youtube
Ho curato personalmente la traduzione dei sottotitoli in italiano che potete scaricare qui.

martedì 31 ottobre 2023

Rassegna "Un horror al giorno da qui ad Halloween!"


Buon Halloween a tutti! Nell'account ufficiale Instagram ho proposto la rassegna "Un horror al giorno da qui ad Halloween", un'iniziativa che girava qualche anno fa su Facebook fino ad oggi. Per tutto il mese di Ottobre dall'1 fino al 31, ogni giorno, ho dedicato un post a un film horror che ho amato. 
Di seguito la lista completa dei film, molti dei quali sono già stati recensiti nel blog:








Giorno 5: Vampyr (1932)



Giorno 7: Martin (1977)










Giorno 13: Šílení (2005)




Giorno 15: Begotten (1990)






Giorno 19: Seconds (1966)


Giorno 20: Society (1989)











Giorno 27: Voices (1973)








martedì 17 ottobre 2023

Savage Hunt of King Stakh (1979)

È l'adattamento dell'omonimo romanzo di Uladzimir Karatkevič. Ambientato alla fine del 1900 nella Polesia della Bielorussa, segue le vicende di Andrey Beloretsky (Boris Plotnikov), un giovane etnografo interessato allo studio delle antiche leggende popolari locali. Durante il suo viaggio, cercando riparo da un temporale, si stabilisce nell'antica tenuta Bolotnye Yaliny, la cui giovane padrona Nadezhda Yanovskaya (Elena Dimitrova), è l'ultima rappresentante di un'antica famiglia nobile. La donna gli rivelerà che una serie di entità spettrali infestano il luogo, tra questi una spettrale "Donna Blu" che vive nella palude e un'altra entità chiamata solo "L'Omino". Ma il peggiore di tutti è il terribile Re Stakh, che si racconta fu assassinato dopo il tradimento di un antenato di Nadezhda e il cui spettro dannato ora compie una "Caccia Selvaggia" per sterminare tutti i discendenti del suo assassino. Il giovane Andrey inizialmente non crede alla realtà degli eventi che gli vengono raccontati, ma ben presto una serie di strane morti e delle inquietanti visioni metteranno a dura prova il suo scetticismo. 
Gli horror sovietici sono rarissimi e potremo considerare questo un diretto successore del più noto "Vij" (1967), con la differenza che il film di Rubinchik è totalmente privo del tono fumettistico e grottesco che contraddistingueva la regia di Georgij Kropačëv e Konstantin Eršov, al contrario è puro e profondo orrore. Merito della caratterizzazione ambigua e drammatica dei personaggi, di un'ambientazione paludosa e un'atmosfera spettrale fotografate magistralmente dalla direttrice della fotografia Tatyana Loginova. Nelle inquietanti scene dei cavalieri durante la loro "Caccia Selvaggia" vengono utilizzati intelligentemente anche degli effetti visivi che schiacciano il campo visivo delle inquadrature, amplificando il senso di oppressione e impotenza durante la fuga delle "prede". Il film è contaminato anche da un'audace surrealismo come la scena del teatro popolare di marionette che appare dal nulla e offre uno spettacolo che culmina con la decapitazione di ogni burattino a turno, lasciando un piccolo animale ( un uccello nel primo caso, un serpente nell'altro) dalla loro ferita insanguinata, o la bizzarra sequenza in cui Nadezhda, come parte di un rito misterioso, viene sepolta nuda in un mucchio montuoso di piume bianche. "Savage Hunt of King Stakh" è un film gotico nel senso più nobile del termine con una narrazione sospesa e complessa non sempre capace di mantenere il completo coinvolgimento dello spettatore, ma dotato di un'indiscutibile fascino visivo. Da scoprire.


Per molto tempo abbiamo riflettuto su come mostrare in modo convincente l'inseguimento della terribile cavalleria – la "caccia selvaggia" – all'inseguimento del protagonista che corre attraverso la palude, finché Rubinchik non si è reso conto che i movimenti dovevano essere rallentati e dovevamo girare con una macchina da presa rapida.
Il film può essere visionato in streaming su Youtube in lingua originale sottotitolato in inglese. Ma potete scaricare i sottotitoli in italiano qui.

martedì 4 luglio 2023

Not Angels But Angels (1994)

Primo lungometraggio di una trilogia dedicata alla prostituzione minorile che il regista polacco Wiktor Grodecki ha girato nella Repubblica Ceca, come il successivo Body without soul (1996) si tratta di un documentario, a differenza del terzo Mandragora (1997) che è un film di finzione. "Not angels but angels" raccoglie le confessioni di 15 ragazzi di età che variano tra 14 ai 19 anni che vivono e si prostituiscono nella grande capitale di Praga. La maggior parte di loro dichiarano di non essere originari del posto, ma che sono finiti nella città a causa di situazioni economiche e famigliari difficili, man mano che le risposte alle domande del regista proseguono le confessioni si fanno sempre più intime e sconvolgenti. Dichiarano di preferire generalmente i clienti più vecchi e ricchi, che li selezionano in base all'abbigliamento e agli oggetti preziosi che portano, sottolineando che molti di loro provengono da Paesi Occidentali come la Germania, l'Inghilterra e gli USA, infine aggiungono che a volte non usano i preservativi con i clienti tedeschi perché si sentono rassicurati dal loro alto status sociale. Traspare una pericolosa ingenuità nelle loro dichiarazioni che arriva allo spettatore come un pugno sullo stomaco, quando scopriremo che i ragazzi finiscono per spendere molti dei loro soldi alle slot machine dimostrando chiaramente di essere vittime di una dipendenza da gioco, segnata persino dai loro visi stanchi e angosciati, il disegno di questi ritratti si farà insostenibile da sopportare. Grodecki incornicia queste anime con una fotografia espressionista che divide i loro volti in ombre dure e luci spettrali, usando spesso luci artificiali di colore rosso e blu, come i successivi lavori anche qui brani di musica classica come quelli de la Passione di Matteo di Bach e il Requiem di Mozart accompagnano le confessioni drammatizzandole, seppur rischioso questo processo non è mai dirottante o artificioso, ma incline ad esprimere la loro silenziosa sofferenza. L'uso di immagini di finzione all'interno del documentario è significativa: nel finale vedremo i primi piani nauseanti di vecchi uomini di affari in giacca e cravatta alternati dalle reali fotografie pornografiche dei minorenni sfruttati, quelle foto rappresentano la realizzazione dell'immaginario perverso di quegli uomini, mentre quei primi piani costruiti dal regista materializzano l'immaginario dei clienti basandosi sulle testimonianze dei ragazzi, questa contrapposizione risulta di grande potenza evocativa perché restituisce l'archetipo del capitalismo. 
Il titolo "Not angels, but angels" secondo il critico Douglas Messerli evoca un episodio storico cristiano descritto nell'Historia ecclesiastica gentis Anglorum (731 d.C.), in cui Agostino d'Ippona arrivato nel mercato romano vide degli schiavi biondi e di pelle chiara venduti, li chiese da dove provenissero e li risposero che erano "Angli", lui allora con un gioco di parole ribatté: "Non Angli, ma Angeli". Dopo questo incontro Agostino decise di portare il cristianesimo agli Angli. Il film di Grodecki invece, lungi dall'essere religioso, porta una delle più grandi denunce sulla mercificazione del corpo che siano mai state rappresentate sullo schermo.


Il film potete trovarlo su Vimeo, sono felice di comunicarvi che ho curato la traduzione dei sottotitoli in italiano che potete scaricare su questa pagina. Trovate anche quelli degli altri due film di Grodecki.

lunedì 3 luglio 2023

100 Days Before the Command (1990)

Vagamente ispirato all'omonimo romanzo di Yuri Polyakov, il quale ha criticato aspramente la pellicola, segue la vita di cinque giovani reclute dell'Armata Rossa in un campo di addestramento, che diventano vittime soprusi e violenze da parte dei superiori. Il misterioso ritrovamento dei corpi di alcuni soldati suicidati sconvolgerà l'unità militare.
Il film ha una struttura episodica e rifiuta la narrazione classica, i dialoghi sono ridotti al minimo, i nomi dei personaggi non vengono mai pronunciati, la loro caratterizzazione psicologica è pressoché assente e l'impronta surrealista della regia costruisce delle allegorie attorno alla morte dei soldati. La violenza è accennata dagli sguardi e dai gesti dei personaggi e non viene mai mostrata completamente, lasciando un senso di smarrimento nello spettatore che è portato ad immaginare ciò che accade, in questo senso sono emblematiche le sequenze in cui un comandate si avvicina morbosamente al corpo nudo di un soldato e si conclude bruscamente con delle urla strazianti o quella in cui una soldatessa si avvicina nuda ad una giovane addetto alla sicurezza del carcere, presumibilmente, per abusare di lui.
Risulta una visione ostica e inappagante, ma lo è volutamente, perché tutto ciò che viene negato è quello che il potere sovietico nega a se stesso. Ma Hussein Erkenov ci dimostra provocatoriamente che non è possibile negare i suoi effetti distruttivi. Il film è anche pervaso da un sottile ma costante omoerotismo che, più che esprimere un'omosessualità latente, è diretto a decostruire l'immaginario cinematografico sovietico della sessualità maschile. Il disagio, la fragilità e la solitudine che esprimono alcuni soldati all'interno delle meccaniche machiste nel campo decostruiscono anche la mascolinità così come è strutturata dalla cultura patriarcale, per queste ragioni oggi viene considerato come il primo tentativo sovietico di rappresentare l'identità queer. Nel finale lo zoom su un quadro rappresentante un ponte con un arcobaleno, simbolo della pace e della liberazione sessuale, sembrerebbe rimarcare questa chiave interpretativa.
Il regista insieme agli sceneggiatori per convincere il Gorky Film Studio, noto studio cinematografico di Mosca, a fornire i finanziamenti per la produzione del film, consegnarono due sceneggiature false insieme a quella vera, ma una volta realizzato fu bandito dal governo sovietico e ne proibì la sua proiezione all'estero fino al 1994, quando fu presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino. "100 Days Before the Command" è un film davvero strano, antinarrativo, inusuale, che ha indignato molti spettatori, ma che personalmente ho trovato una sperimentazione riuscita e pregna di significato. 


Il film può essere visionato su Youtube in lingua russa sottotitolato in inglese.

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