lunedì 14 febbraio 2022

Un affare di cuore (1967)

Titolo originale: Ljubavni slučaj ili tragedija službenice P.T.T.. Secondo lungometraggio di Dušan Makavejev e anche uno dei più riusciti. Come per la maggior parte dei film del regista serbo adotta uno stile semi-documentaristico, nell'incipit ascoltiamo il commento di un vero sessuologo che si rivolge allo spettatore, ricordandoci l'importanza della sessualità nella storia umana e di come in principio il culto pagano del fallo non era un segno di oppressione maschile ma bensì l'espressione di una sessualità femminile libera, priva della vergogna del desiderio, per arrivare invece ad una modernità dove la sessualità è "sussurrata" o se non addirittura castrante; subito dopo veniamo immersi nella messa in scena di una giovane donna ungherese che lavora in una centralina e inizia un'avventura sessuale con un uomo musulmano. Con un montaggio alternato si incastra il commento di un criminologo che ci illustra dettagliatamente il suo lavoro, susseguito dalle crude immagini del ritrovamento del cadavere di una donna che identificheremo essere proprio della centralinista! Questa scelta spiazzante, che incastra ingegnosamente le due narrazioni cronologicamente sconnesse, ci induce ad interrogarci su chi sia il responsabile dell'omicidio e ad osservare con costante sospetto l'apparente e tranquilla quotidianità della vita da coppia tra la centralinista e il musulmano. Il film costruito sulla falsa riga di un noir è in realtà uno spietato ritratto della Jugoslavia socialista degli anni '60, che pur avendo fatto dell'ateismo il suo unico credo - come ci viene mostrato dalle immagini di repertorio in cui le Chiese e i simboli religiosi vengono demoliti e rimossi - rimane grottescamente e profondamente ancorata alla cultura patriarcale. Le parole finali della donna: «Non ho firmato per essere la tua schiava!» che enuncia all'uomo quando lui pretende una relazione monogama, scateneranno una gelosia che porterà alla presagita tragedia, ma con una conclusione molto diversa da quella interpretata e ufficializzata dal criminologo che ha studiato il cadavere della donna. La storia diviene allora una tragedia nella tragedia! Makavejev come solo lui sapeva fare, attraverso il microcosmo della relazione della coppia costruisce un'irriverente metafora socio-politica, riuscendo giocosamente a mescolare i toni della commedia satirica a quelli più gravi del dramma. Ottime le interpretazioni di Eva Ras e Slobodan Aligrudic. Memorabili due scene: quella della preparazione dello strudel ai mirtilli sotto le musiche dell'Aida di Giuseppe Verdi e e quell'iconica in cui Eva è nuda sul letto con il gatto nero sul dorso.

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