venerdì 1 marzo 2024

La zona d'interesse (2023)

Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 22 Febbraio, è il film più discusso del momento e che sta raccogliendo ampi elogi e consensi da parte della critica e del pubblico. È uno dei pochi casi in cui si può affermare che tutto questo rumore è ben comprensibile e giustificato.
Come racconta Jonathan Glazer al New York Times il film per la realizzazione ha richiesto un lavoro di 9 anni, tutto è iniziato quando lesse su un giornale un'anteprima del romanzo "La zona d'interesse" scritto da Martin Amis, il libro è narrato in parte da un comandante immaginario di Auschwitz, Glazer fu immediatamente attratto da questa prospettiva, così fece delle ricerche sul materiale originale di Amis, consultò il Museo Statale di Auschwitz-Birkenau e scoprì dettagli inediti sulla storia della famiglia del comandante Rudolf Höss, che poi sono finiti nel film. Tra questi, la rivelazione che il giardino della loro casa condivideva un muro con il campo di concentramento e che un giorno nell'estate del '43, secondo la testimonianza del giardiniere, la coppia ebbe un'animata discussione perché il comandate Höss doveva rispettare l'ordine di trasferirsi a Berlino e la moglie non voleva assolutamente abbandonare quella casa.
Nel film Rudolf Höss è interpretato da Christian Friedel e la moglie Hedwig Höss da Sandra Hüller. I due coniugi vivono con i loro cinque figli in una casa che hanno sempre sognato e conducono una tranquilla ed agiata vita famigliare. Hedwig con l'aiuto della servitù si occupa della casa e cura con passione il giardino, Rudolf porta ogni tanto a pescare i figli nel fiume vicino e la notte racconte fiabe alla figlia più piccola, nel giardino c'è anche una piccola piscina dove i bambini possono giocare e divertirsi. Glazer e il direttore della fotografia Łukasz Żal hanno installato fino a 10 telecamere all'interno e intorno alla casa e le hanno mantenute in funzione contemporaneamente, permettendo agli attori di circolare liberamente e improvvisare senza avere una troupe di tecnici alle calcagne, durante tutte le riprese è stata anche usata solo la luce naturale per restituire più efficacemente il realismo, perciò quello a cui assistiamo è un vero e proprio reality in stile "Grande Fratello" della famiglia nazista Höss, ma c'è un ma... un ammasso di suoni terrificanti e incessanti ripercuotono nel luogo, è come una grande macchina infernale che lavora e macina qualcosa nell'atmosfera, anche se per tutta la durata del film non vediamo direttamente da dove e cosa provengano questi suoni disturbanti, ascoltiamo chiaramente il rumore dei forni crematori in moto, i veicoli dell'esercito, gli spari, le urla e i pianti strazianti delle vittime del campo di concentramento. È come se un altro film fosse nel film, questo lavoro incredibile è stato realizzato dal sound designer Johnnie Burn che ha costruito una libreria di suoni basandosi su una lunga ricerca che ha previsto un documento di 600 pagine contenente gli eventi rilevanti accaduti ad Auschwitz, le testimonianze dei testimoni e una grande mappa del campo in modo che la distanza e gli echi dei suoni potessero essere correttamente determinati. Un risultato che supera qualitativamente persino quello fatto ne "Il figlio di Saul" di László Nemes.


Durante la notte Rudolf trova la sua figlia più piccola ancora sveglia davanti la porta che farfuglia qualcosa di incomprensibile riguardo la distribuzione dello "zucchero", le racconta una fiaba per tranquillizzarla e nel mentre si alternano delle immagini in bianco e nero inquietanti, girate con una termocamera e accompagnate da soundscapes composti da Mica Levi, che mostrano una bambina fuori al di fuori della casa che nasconde del cibo tra fango e cespugli, presumibilmente per aiutare i prigionieri del campo. È un'immagine di straordinaria potenza che rompe l'immaginario collettivo cinematografico della bambina con il cappotto rosso in Schindler's List e che lascia spazio a molteplici e significative chiavi di lettura indipendentemente dalla rivelazione della sua identità alla fine del film: dal punto di vista formale si inserisce in contrapposizione al naturalismo del film, facendo emergere un corpo luminoso nell'oscurità, come una luce della coscienza umana in un luogo disumanizzante, ed è anche in contrapposizione col suo stesso medium, perché l'immagine termografica risponde a una funzione poetica e non militare. Ad una chiave più vicina all'introspezione dei personaggi, potrebbe anche essere un'immagine proiettata dal subconscio della figlia di Rudolf, che avverte che qualcosa stia accadendo non solo fuori ma anche dentro di lei, è lo "zucchero" che sta distribuendo o che vorrebbe distribuire, è un'appello alla sua coscienza.
Malgrado gli atti di negazione a se stessi e l'ignoramento delle implicazioni di ciò che sta avvenendo attorno a loro, le suggestive immagini delle ceneri che riempiono i fiori, curati fino a poco prima con tanta dedizione da Hedwig, saranno uno dei primi sintomi del progressivo decadimento della "zona". Anche il climax del film si dileguerà facilmente, allontanandoci dalla famiglia Höss e scaraventandoci ai tempi d'oggi, dentro il Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, dove alcune donne delle pulizie preparano il luogo per i visitatori. Vediamo i forni crematori, le valige, le scarpe e le divise dei prigionieri, c'è chi in queste immagini ci ha visto la semplice constatazione di un male incancellabile, ma la funzione museale è quella di testimoniarlo affinché non venga dimenticato o cancellato dai negazionismi. Un finale retorico e pretenzioso per un film che è in gran parte straordinario. Ma con i suoi pregi e difetti, "La zona d'interesse" rappresenta una delle esperienze cinematografiche più inquietanti della storia del cinema. 

3 commenti:

  1. ci ho pensato molto alla scena che non mi è piaciuta, non in assoluto, ma nell'economia del film.
    in tutto il film domina il non visto (quella bambina che lascia da mangiare è bellissima, ma non vediamo chi prenderà qualle briciole), la scena del museo mi sembra fuori luogo, dal punto di vista stilistico, della coerenza del non detto, del non visto, quasi uno spiegone non necessario

    https://markx7.blogspot.com/2024/02/la-zona-dinteresse-jonathan-glazer.html

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    1. vedo che condividiamo il punto, è un peccato perché c'erano tutte le prerogative per tirare fuori un capolavoro.

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  2. Posso solo immaginarlo, non vedo l'ora di vedere questo film :)

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