sabato 28 agosto 2021

Privilege (1967)

Inghilterra anni 70', un cantante pop di nome Steven Shorter (interpretato da Paul Jones) diviene la celebrità più amata del Paese grazie al successo del brano "Set me free", che racconta la sua esperienza personale vissuta in prigione. Durante le performance live del brano, il cantane si mostra dentro una gabbia, ammanettato e picchiato dalla polizia, sotto gli occhi commossi ed esterrefatti del pubblico che finisce per assalire il palco per tentare di liberarlo. Nell'incipit, una voce narrante ci rivela la natura documentaristica del film, volta a smascherare la manipolazione che i media delle società dello spettacolo - guidate dal Governo Inglese - esercitano sulla popolazione: la natura brutale e violenta di quei spettacoli sarebbe solo un modo «per fornire al pubblico lo sfogo necessario da tutta la tensione nervosa causata dallo stato del mondo esterno», per allontanare i giovani dall'attivismo politico e dalle proteste nelle piazze. Successivamente guarderemo dietro i riflettori la vita di Steven Shorter, che si rivelerà un uomo profondamente solo e infelice, perché continuamente controllato e manipolato dal suo manager Martin Crossley (Jeremy Child), dal suo rappresentante delle pubbliche relazioni Alvin Kirsch (Mark London), dal dirigente della casa discografica Julie Jordan (Max Bacon) e dal finanziatore Andrew Butler (William Job). Questi "gestori" della sua immagine lo ridurranno a un mero prodotto di marketing da cui trarre profitto, annientando completamente la sua libertà individuale. Peter Watkins comincia con questo film la sua ricerca sulla crisi dei media, che nell'arco di un trentennio, lo porterà a teorizzare, sviluppare, per poi re-inventare un linguaggio cinematografico che sfuggirà alla trappola della "monoforma" (vedi La Commune, Paris 1871). E probabilmente sono proprio qui i limiti di "Privilege": un film sfrontato, ancora poco maturo per scalfire la storia del cinema, ma dotato di un fascino unico, parte di questo fascino è dato dal suo protagonista, un quanto mai perfetto Paul Jones, che con il suo sguardo misterioso, impenetrabile e la sua forte presenza scenica ci emoziona, diventando il mediatore perfetto della ricerca del regista. Imperdibile.

0 Commenti:

Posta un commento


Post più popolari