giovedì 23 luglio 2020

The face of another (1966)

Basato sull'omonima novella di Kōbō Abe, è uno dei film più rappresentativi della nuova onda giapponese degli anni '60. Il film racconta la storia di Okuyama, un uomo che nasconde il proprio volto con delle bende, perché completamente sfigurato a causa di un incidente nel laboratorio chimico in cui lavorava. Okuyama vive un'esistenza infelice e immersa nell'ombra, rifiuta di farsi vedere dal mondo esterno a causa del pietismo che suscita alle persone e soffre maledettamente per sua moglie che non riesce ad amarlo come prima. Un giorno il dottor Hira, un anatomopatologo che segue il suo caso, gli propone di utilizzare una maschera iperrealistica che ridonerà un'identità al suo volto. Okuyama accetterà senza esitazione, ma le cose non saranno semplici, perché il nuovo volto si dimostrerà essere molto di più di un semplice "strato di pelle". Parallelamente alla storia di Okuyama, nel film verrà mostrata anche quella di una ragazza dal volto sfigurato, anch'essa tormentata dalla sofferenza relazionale che la solitudine le provoca, questo la porterà ad instaurare un rapporto incestuoso con il fratello. Hiroshi Teshigahara ci immerge nelle vicende adottando uno stile minimalista, scarno, ma prepotentemente espressivo sul piano formale, il film infatti si apre con l'immagine suggestiva del teschio del protagonista sotto i raggi-x che ci introduce alla sua storia; Il bianco e nero di Hiroshi Segawa è intenso, sottolinea le ombre e costruisce costantemente un'atmosfera inquietante e ambigua. La scenografia gioca spesso con gli specchi, confondendo percettivamente l'orientamento dei personaggi nello spazio e il film spesso raddoppia lo stesso punto di vista, girando due scene identiche che posizionano il protagonista allo stesso modo: ad esempio quando vediamo Okuyama nei due appartamenti separati, una volta è con il volto bendato e una volta con la sua nuova faccia. Questi doppi evidenziano la doppia esistenza di Okuyama. Il film sperimenta anche il fermo immagine per "congelare" i volti dei personaggi, un'espediente utilizzato spesso nella "nuova onda" francese del periodo, creando così una sorta di cortocircuito a livello narrativo che spinge lo spettatore a "dialogare" con l'immagine stessa. Qui per i temi trattati, risulta una scelta quanto mai perfetta per tentare di guardare oltre il volto, il dilemma terrificante che domina per tutta l'opera. Nel finale, il film si dirige magnificamente verso i territori dell'astrazione utilizzando "la maschera" come allegoria dell'alienazione della società umana: il dialogo finale tra Okuyama e il dottore, mentre un'inquietante folla mascherata si muove incessantemente verso l'obiettivo, è emblematica. Anche il racconto della ragazza deforme e il suo fratello, si conclude con un'immagine allegorica di estrema potenza: la sofferenza del fratello dopo il suicidio della sorella, si trasfigurerà in un groviglio di frattaglie incatenato, come in un disturbante dipinto di Francis Bacon. "The face of another" gestisce con maestria ogni singolo espediente visivo, ma è sopratutto la sua scrittura introspettiva e dettagliata a rendere l'opera filmica di una solidità straordinaria. I dialoghi scuotono, ti toccano dentro, arrivano alle viscere. Forse non esagero se dico che ci troviamo di fronte all'analisi più profonda e disturbante sulla deformità facciale, che sia mai stata realizzata sullo schermo.


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