lunedì 2 dicembre 2013

Odete (2005)

João Pedro Rodrigues è certamente uno degli autori più interessanti della cinematografia europea odierna. Nel 2000 ha esordito con "O Fantasma", un'opera controversa e disturbante che racconta la vita solitaria di un giovane netturbino omosessuale in balia delle sue ossessioni e perversioni sessuali, che lo conducono verso l'annientamento della propria identità. Il minimalismo di Robert Bresson, le atmosfere surreali di Luis Buñuel e le indagini esistenziali di Michelangelo Antonioni sembrano suscitare in Rodrigues una sottile ma evidente influenza. "Odete" è il suo secondo lungometraggio, girato esattamente dopo il folgorante "O Fantasma" ed è un film per molti aspetti più importante e più riuscito. Narra le storie di due vite solitarie: quella di Rui, un giovane gay che, nel crudele prologo godardiano (formalmente molto simile all'incidente d'auto in "Le Mépris"), perde tragicamente il fidanzato Pedro in un incidente stradale, proprio poco dopo aver scambiato con lui le fedi in una promessa di matrimonio; e quella di Odete, una bella e sensuale giovane che lascia il suo fidanzato Alberto, perché vorrebbe fare un figlio che lui non desidera. Come in una strana e misteriosa coincidenza in un film di Kieslowski, le vite sofferte e solitarie di Rui e Odete si intrecceranno e legheranno.
Nella veglia di Pedro, una delle scene più belle del film, i due stabiliscono il primo contatto scambiandosi uno sguardo silenzioso, i loro primissimi piani colpiscono per la loro ambiguità, c'è il dolore condiviso della perdita dei loro rispettivi amanti, ma anche del sottile erotismo nello sguardo femmineo di Odete che sembra voglia stabilire un contatto più vicino con Rui.
Mentre tutti dormono, Rui si alza verso la bara e posa le sue labbra su quelle di Pedro per l'addio, Odete scruta in silenzio e dopo che Rui lascia la veglia si avvicina al corpo di Pedro e gli sfila la fede dal dito con la sua bocca.


Nella scena del seppellimento della tomba di Pedro, Odete ha un'attacco isterico gettandosi sulla fossa della tomba e rivela alla madre di Pedro di essere rimasta incinta di suo figlio. Da questo momento in poi, il personaggio di Odete entrerà in un inquietante vortice di follia, manifestando i sintomi di una gravidanza pur non essendo positiva al test (che fa nella toilette del supermercato in cui lavora). I risvolti narrativi e la forza delle scene si faranno sempre più intricati, ma più gli strani comportamenti di Odete si intensificheranno, più crescerà nello spettatore il sospetto che lei sia affetta da un disturbo psicosomatico.
Rui cerca di dimenticare Pedro abbandonandosi a rapporti occasionali con altri uomini. Odete al contrario, ossessivamente, riporta al presente la memoria di Pedro, passando le notti al cimitero sdraiata sulla sua lapide. 
Nella scena chiave del film, quando Rui vede Odete al cimitero abbracciata alla lapide del suo amato, tenta forzatamente di distaccarla da essa e si accorge che indossa al dito la fede di Pedro. Improvvisamente la bacia, come un disperato tentativo di riportare la "presenza" di Pedro in quell'istante. Successivamente assistiamo ad un dialogo dove Odete prega Rui di riportare Pedro in vita.


"Odete" è un film che funziona perché tutto ciò che dovrebbe esprimere lo fa con le immagini cinematografiche necessarie, c'è una stilizzazione precisa nella regia, un anti-naturalismo accentuato nella recitazione che rende i personaggi impalpabili e uno script ridotto all'osso che punta sul non detto e l'indicibile: le loro azioni non possono avere sempre la spiegazione che cerchiamo, sono degli involucri misteriosi.
Nel film c'è anche un lato mistico che rievoca le tematiche di "Ordet", il capolavoro di Carl Theodor Dreyer (forse non è un caso che anche la pronuncia del titolo lo rievoca). Anche lì c'è la follia del personaggio di Johannes, convinto di essere il Messia, che vuole riportare in vita la giovane Inger, morta dopo le complicazioni di un aborto. Odete come Johannes vuole portare qualcuno in vita dall'oltretomba, Pedro, e a suo modo lo farà. 
Rodrigues, da buon contemporaneo, è attento ai conflitti dell'uomo occidentale moderno, in questo film ad un certo punto il centro d'interesse sembra essere il travaglio spirituale dell'uomo in conflitto tra carnalità e spiritualità, tra corpo e anima e, non meno importante, tra sesso e genere. Rui rivuole Pedro, ma non lo ritrova negli altri uomini con cui si abbandona a rapporti carnali, anche Odete nella sua follia vorrebbe qualcuno da amare per avere un figlio, ma non c'è un corpo che può fecondarla per donarle quella vita.
Carnalità e spiritualità è una dicotomia che caratterizza il cinema del citato Dreyer, dove i due poli entrano spesso in conflitto, risolvendosi in una fede cieca e incondizionata nella resurrezione dei morti (Ordet, 1955), nel martirio (La passione di Giovanna d'Arco, 1928), nell'amore (Dies Irae, 1943) e nel casto nubilato (Gertrud, 1964). Risoluzioni, che seppur espresse in modo aspro nei confronti della Chiesa Protestante e Cattolica, si coniugano profondamente con i principi dei valori cristiani. Rodrigues, diversamente da Dreyer, risolve la sua dicotomia in maniera blasfema: i miracoli non esistono, perciò non sono previste resurrezioni, Odete decide di "diventare" Pedro, entra nel suo appartamento, indossa i suoi vestiti, si taglia i capelli e le unghie per acquisire un'aspetto maschile (nel pensiero queer, questo tipo di identità che trasgredisce il comportamento previsto dal ruolo del suo genere, è definita genderbender). E riconsegna la fede rubata a Pedro posandola su un cuscino, rimanendo in attesa che Rui la riprenda, ma che nel frattempo 
è al cimitero dove tenta per la seconda volta il suicidio.
Alberto, l'ex fidanzato di Odete, rientra in scena, lei gli rivela di essere incinta e lui decide impulsivamente di ricominciare la loro relazione. Quando la costringe a fare un controllo in ospedale, la ginecologa gli rivela che in realtà non è incinta, ma è affetta da una gravidanza isterica, un disturbo psicosomatico. Il presentimento dello spettatore si rivela essere stato reale, Rodrigues con questa svolta narrativa spinge il realismo psicologico dei personaggi fino all'estremo. A questo punto emerge una strana prospettiva: forse Odete trasfigurata in Pedro, nella sua follia e non potendo ottenere una gravidanza dal suo ex-fidanzato, vorrebbe ottenerla da Rui? Ma Rui non è omosessuale?
Odete fugge dall'ospedale e si dirige al pub dove lavora Rui, quando incrocia il suo sguardo sviene, proprio come accadde a Pedro quando incontrò per la prima volta Rui.
Rui raccoglie Odete e la trasporta nel ripostiglio del pub, lei riprende lentamente coscienza e toglie la garza sopra la ferita del polso di Rui, toccando la piaga del suo tentato suicidio. Rui consegna ad Odete la fede di Pedro e i due si scambiano un bacio appassionato.


Fede: è un elemento fondamentale nel film ed è sempre accentuata dalla luce, Odete nota che su di essa è incisa la dicitura "Two Drifters" - "Due vagabondi". Metaforicamente Odete si appropria della fede e la restituisce a Rui che l'ha persa con la morte di Pedro. Il concetto di fede è strettamente complementare a quello di amore: senza fede non ci può essere amore.

Le questioni di genere sono un tema assai discusso nell'ultimo ventennio, forse per la prima volta in un film vengono rappresentate per ciò che sono: un groviglio fazioso e confuso di preconcetti psicologici, biologici e culturali spesso filtrati da una visione etero-normativa e patriarcale della società. In sostanza Rodrigues mette in "pratica" il pensiero decostruttivista queer, distruggendo il genere dei suoi personaggi.
Nell'ultimo sconvolgente pianosequenza del film, Odete penetra Rui in un rapporto anale, nella pratica sessuale definita comunemente pegging. Lo fa ansimando e ripetendo a Rui: «Chiamami Pedro!». 
Improvvisamente la macchina da presa con uno zoom all'indietro mostra il fantasma di Pedro. Rui, dopo qualche esitazione, sussurra: «Pedro». 
Pedro è tornato come incarnazione stessa dell'idea dell'amore, manifestandosi con tutta la sua forza eterna. Il rapporto tra Rui e Odete è la continuità ineluttabile di quell'amore, che può plasmarsi in corpi e sessi diversi, in tempi e spazi diversi, ma la cui sostanza è sempre la stessa.
La stilizzazione formale, scelta estetica evidente in tutta la pellicola, nell'ultimo pianosequenza è micidiale: Rodrigues filma il rapporto sessuale mostrando soltanto le sagome dei personaggi, nascondendo rigorosamente i loro volti e genitali, rinunciando a qualsiasi forma di espressività e sfuggendo inconfutabilmente anche da una qualsiasi forma di pornografia nel linguaggio cinematografico.
La figura di Pedro è posta più avanti di Rui e Odete, di spalle alla macchina da presa, che nella sua immobilità acquista le sembianze di un vero archetipo o modello bressoniano. La manifestazione della "presenza" di Pedro nell'inquadratura, come già enunciato, avviene attraverso un zoom all'indietro, una tecnica di ripresa usata spesso nel metacinema: come non ricordare la rivelazione della "presenza" della macchina da presa nel finale de "La Montagna Sacra" di Alejandro Jodorovsky o di "Inland Empire" di David Lynch? Nel film di Rodrigues la sua presenza è costituita dal fantasma di Pedro, sigillando il suo significato metafisico. Colpisce il commento musicale  "Moon River" di Herny Mancini, inserito esattamente durante il momento della "manifestazione", una scelta che non può non ricordarci le teorie sul cinematografo di Bresson e Tarkovskij riguardo l'uso della musica extra-diegetica nei film, volta a schiudere nell'immagine cinematografica stessa la porta del mondo invisibile, permettendo il passaggio dal realismo all'astrazione.
La scena di "manifestare" Pedro durante il pegging è una dichiarazione quanto mai provocatoria: il concetto di anima/spiritualità acquisisce un rapporto dialettico con il corpo/carnalità. Odete penetra Rui rinunciando alla possibilità della gravidanza perché ama incondizionatamente Rui. Il fantasma di Pedro si manifesta come una sorta di totem, omaggiando l'eternità dell'amore. Il realismo psicologico viene surclassato dalla forza mistica di questo amore, spazzando via con un soffio tutte le prigioni ideologiche delle norme di genere. L'opera di Rodrigues è prepotente, provocatoria e illuminante, un dolente capolavoro del cinema queer che colpisce duramente il cuore.


N.B. Il film malgrado non sia uscito nelle sale cinematografiche italiane è stato distribuito in Italia in DVD per il ciclo cinema queer (ora sembra essere fuori catalogo). Può anche essere visionato in streaming su MUBI.

6 commenti:

  1. "Odete" è stato il primo film di Rodrigues che ho visto e devo dire che all'epoca mi era piaciuto, ma senza grossi entusiasmi. Mi erano rimasti impressi più che altro alcuni momenti, come quello della veglia funebre o le notti di Odete passate nel cimitero. Incredibilmente, non ricordavo invece quasi più nulla di tutta la parte finale (e che finale!). E ora, leggendo questa disamina, eccellente, curatissima, accresce la curiosità di rivederlo. Anche perchè credo d'aver apprezzato decisamente di più la tua lettura, che non il film stesso. Grazie Doinel e complimenti, davvero!
    P.S. Era un pezzo che non scrivevi, ma se la lontananza dal blog per lunghi periodi porta a questi risultati, vale sicuramente la pena d'aspettare ;)

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  2. grazie Frank! ;)
    In effetti non aggiornavo il blog con un commento a un film da nove mesi, sono tanti e penso che non sia perdonabile per i lettori ahah
    Il fatto è che parlo di film soltanto quando mi sento davvero motivato, sono mesi che quest'opera di Rodrigues mi ha tormentato e ho deciso di condividere i miei interrogativi e le mie risposte. Sì perchè è un film che di risposte comunque ne' da', anche se sono aperte e riflessive sul nostro modo di vedere le cose.

    Mi piacerebbe vedere altri film di Rodrigues, ma purtroppo aimè è difficile recuperarli con i sottotitoli in italiano.

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    1. Se non lo hai già visto ti consiglio il cortometraggio "Alvorada Vermelha" che è praticamente senza dialoghi e merita; un'ispezione, molto contemplativa, al mercato Rossa di Macao...

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  3. l'ho visto qualche mese fa, Odete è folle, detto sinteticamente, e João Pedro Rodrigues è bravissimo, un film non facile, ma bello

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