venerdì 19 novembre 2010

Lilja 4-ever (2002)

Una ragazza corre per le strade di una città con il volto tumefatto, gli occhi sofferti e angosciati, spaesata in una metropoli grigiastra, chiassosa e fastidiosa, gli uomini che la abitano sono dentro le loro macchine travolti dalla velocità e dal rumore, sono sordi al grido sofferente di quella ragazza che intanto giunge su un ponte sopra un'autostrada e fissa il precipizio. Forse per buttarsi e farla finita? 
Con questa fortissima sequenza di introduzione si apre l'opera di Lukas Moodysson (chi non lo conoscerà per il pluripremiato e bellissimo Fucking Amal?) che ci trasporterà in un lungo viaggio per conoscere ma soprattutto immergere il nostro sguardo in quel "grido" d'aiuto.

Lilja ha 16 anni e vive in un povero e desolato sobborgo dell'ex Unione Sovietica, sua madre (ex prostituta) dopo aver conosciuto attraverso un'agenzia di incontri un uomo russo, deciderà di partire con lui negli Stati Uniti promettendo a Lilja che dopo qualche mese le concenderà di raggiungerla. Ma questo temporaneo abbandono lascerà spazio al peggio. La zia di Lilja la caccerà via dalla sua casa mandandola in un appartamento squallido per ragioni economiche, ragioni che successivamente si riveleranno palesi menzogne quando Lilja scoprirà che la donna si è trasferita nella sua casa. Lilja è ingenua, ancora troppo giovane per farsi carico delle grandi responsabilità che le sono state caricate a dosso dagli adulti e per difendersi dai torti che le vengono continuamente inflitti, rimarrà inerme, ferita, vulnerabile e rassegnata al suo crudele destino. Senza la protezione di nessun adulto diventa facilmente anche il capro espiatorio di tutti gli abitanti della provincia. Perciò la sua amica dopo essersi prostituita per guadagnare una somma di denaro, per giustificarsi contro le accuse di suo padre, darà la colpa a Lilja dicendo che quei soldi sono stati un suo regalo e che li ha guadagnati lei prostituendosi. La situazione degenererà quando gli altri ragazzi del quartiere useranno Lilja come mezzo per soddisfare i loro più bassi istinti sessuali, quegli stessi ragazzi che poche settimane prima erano sul balcone di casa orgogliosi di sputarle addosso e urlarle "prostituta" per allontanarla dal quartiere.



Accanto alla sua sconfortante e solitaria figura c'è il piccolo Volodia, anche lui emarginato, cacciato da casa da suo padre, che diventerà "l'angelo custode" di Lilja quando quest'ultima lo salverà dal suo primo tentativo di suicidio. E qui c'è da evidenziare i meriti di una regia poetica e delicata nel tessere il rapporto tra i due personaggi, che nel film acquisterà un valore fondamentale, l'unico contatto veramente umano che potrebbe continuare a proiettare una speranza nei progetti futuri dei due ragazzi.
Ma il destino riserberà tutt'altro, Lilja conoscerà un ragazzo di nome Andrei che la convincerà a trasferirsi in Svezia per lavoro. Volodia malgrado la sua gelosia ci vede bene quando si ostina a ripetere a Lilja che Andrei avrebbe approfittato di lei. Lilja infatti finirà in una Svezia molto lontana da quella che immaginava, verrà venduta come schiava del sesso, gettata in un girone infernale, che dilanierà la sua anima, questa volta rimarrà completamente sola, chiusa a chiave in un appartamento dove un uomo la farà uscire solo per imporle prestazioni sessuali con diversissimi clienti di ogni età. Ad ogni suo tentativo di fuga l'uomo la picchierà e la minaccerà: «La polizia ti riporterà in Russia, lì ho degli amici che ti uccideranno». Si susseguiranno immagini una più disturbante dell'altra, tutte le inquadrature degli abusi sessuali che subirà Lilja sono riprese in soggettiva (il regista dichiarerà in seguito nelle interviste che il cameraman del film ha avuto delle ripercussioni psicologiche non indifferenti girando quelle scene). La violenza sistematica che circonda Lilja diventerà così insopportabile che ella stessa si estranierà, entrando in uno stato catatonico, a questo punto le apparirà la misteriosa immagine del piccolo Volodia con delle ali, che come un angelo custode cercherà di confortarla e guidarla in questo inferno terreno.
Lilja riuscirà a scappare dall'appartamento grazie al suo aiuto, ma si perderà tra le strade della città straniera, viaggiando senza meta fin quando non noterà una macchina della polizia, a questo punto come un deja-vu violentissimo la mente ci riporta alla scena introduttiva del film: Lilja è terrorizzata e corre per la metropoli, ora anche le parole del testo e la sinfonia "Mein Herz Brent" dei Rammestein che accompagna la scena, acquista un'espressione di rara intensità cinematografica, la fotografia curata da Ulf Brantås cambierà in tonalità più cupe e contribuirà al processo di drammaticità, è proprio come se entrassimo davvero nell'animo di Lilja, soffriamo con lei, per molti sarà difficile trattenere le lacrime. Smarrimento, paura, solitudine e disperazione concludono il ciclo vitale di Lilja. Lascio a voi l'esito della storia della protagonista, che è ispirata alla vera vita di Dangoule Rasalaite. Ciò che rimane è una catarsi dove la coscienza della protagonista darà un significato nobile e struggente al suo vissuto. Tanta commozione per questo capolavoro europeo. Il film è disponibile in Italia in DVD.



3 commenti:

  1. dalla tua rece sembra parecchio interessante.
    io che non amo Moodysson, forse con questo è la volta buona che mi ricredo.

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  2. visto parecchio tempo fa
    un film durissimo ma anche una piccola perla

    (ancora meglio secondo me è però il da te citato "fucking amal", mio film supercult)

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  3. Einzige: non so quali altri film di Moodysson hai visto, comunque questo secondo me è il migliore.

    Marco: "Fucking amal" mi è piaciuto tantissimo, il tema dell'omosessualità è trattato meglio di tanti altri film sul genere.
    Sono due film diversissimi, è difficilissimo fare una scelta razionale, infatti se dico che "Lilja 4-ever" è migliore è sicuramente per una questione di emotività.

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