Questo documentario ha una storia davvero unica e travagliata. Come ci viene spiegato all'inizio del film, in origine fu ideato nel 1964 dal Centro Popular de Cultura (CPC) e il Movimento de Cultura Popular de Pernambucoff, come un lungometraggio sulla vita e la morte di João Pedro Teixeira, un leader di una delle più importanti leghe contadine di Paraíba, che fu assassinato per ordine dei proprietari terrieri locali nel 1962. Il progetto fu affidato alla regia di Eduardo Coutinho che decise di lasciar interpretare i personaggi della storia dalle stesse persone che l'avevano vissuta da vicino, quindi al film presero parte Elizabeth Teixeira, la vedova di João Pedro, e altri agricoltori della lega contadina. Una scelta provocatoria, che avrebbe donato una dura autenticità al film. Le riprese iniziarono nel 1964, ma dopo 35 giorni e con circa la metà del film completato, la produzione fu interrotta dalla dittatura militare brasiliana, che arrestò alcuni membri del cast e della troupe e confiscò la sceneggiatura e diversi filmati. Il governo tentò di confiscare l'intera pellicola del film, ma fallì perché gran parte del materiale girato fu inviato a Rio per essere processato. La famiglia Teixeira nel frattempo subì una persecuzione senza eguali, uno dei figli di Elizabeth scomparve misteriosamente, in seguito lei si vide costretta a fuggire e a dividersi dai suoi figli per proteggerli, e come se non bastasse una delle sue figlie non resse queste esperienze traumatiche e si suicidò.
Vent'anni dopo Coutinho torna sul luogo degli avvenimenti, decide di raccogliere e montare tutto il materiale filmico sopravvissuto e di mostrarlo senza tagli alla popolazione locale e agli stessi interpreti, compresa Elizabeth, - che ora vive sotto la falsa identità di Martha - per catturare le loro reazioni, costruendo un intrigante documentario dove le immagini in bianco e nero del film del '64 e le immagini a colori degli attori ormai invecchiati, si alternano fino a intersecarsi, poiché gli attori mentre guardano quelle immagini mute proiettate cominciano a ricordare ed enunciare i loro stessi dialoghi, evocando e ricostruendo una memoria collettiva che ha condizionato dolorosamente le loro vite. Coutinho è abile nel documentare senza giudizio, con distacco, riuscendo al tempo stesso a catturare l'aspetto più umano dei suoi intervistati e quello più poetico della loro vita ordinaria. Ma questo lungo viaggio temporale ha sempre la stessa meta: la lotta contro il sistema. Elizabeth attraverso questo documentario esce allo scoperto, rivela la sua vera identità per anni soffocata a causa del regime e non si limita a raccontare la sua storia ma a riappropriarsi della sua vita, a riaffermare le sue idee e a ritrovare la sua famiglia, questo film è l'evidente prova che il cinema è un agente del processo creativo, non un semplice e passivo contenitore dove conservare o contemplare memorie. L'intransigenza di Elizabeth è tale che neanche il tempo può mutare, negli ultimi minuti del film la sua dichiarazione alla lotta di classe risuona come un tuono nel cuore dello spettatore.
Il documentario è stato riconosciuto dall'Associazione dei critici cinematografici brasiliani come uno dei migliori film brasiliani di tutti i tempi, inserendolo al quarto posto tra i cento film selezionati.
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