mercoledì 10 novembre 2021

Belladonna of Sadness (1973)

Ispirato al saggio "La strega" di Jules Michelet, è il terzo e ultimo film d'animazione della trilogia Animerama e l'unico ad essere scritto e diretto esclusivamente da Eiichi Yamamoto. La sua produzione durò ben 7 anni, dal 1967 al 1973, e al momento dell'uscita fu un fallimento commerciale che contribuì alla bancarotta della Mushi Production. Fortunatamente il film con il passare degli anni è stato rivalutato, diventando un vero e proprio cult. Nel 2015 è stato ridistribuito nella sale cinematografiche in nuova versione restaurata in 4K.
Il film narra della vita di Jean e Jeanne, una coppia di novelli sposi, che vivono in un villaggio rurale della Francia medievale. La tradizione vuole che i sudditi debbano offrire al loro barone dei doni, in segno di gratitudine per aver concesso loro il sacro vincolo del matrimonio. Jean si dirigerà dal barone per offrirgli una mucca, ma lui ne pretenderà dieci. Non potendo soddisfare la richiesta del barone, la moglie Jeanne verrà costretta a passare la prima notte di nozze con lui secondo lo Ius primae noctis ("diritto della prima notte", anche conosciuto come "diritto del signore"). Il barone la stuprerà senza pietà e dopo la consegnerà a tutti i suoi cortigiani che abuseranno di lei in egual modo. Jeanne, insanguinata e terrorizzata tornerà da Jean, tentando inutilmente di riconciliarsi con lui. La disperazione e l'umiliazione di Jean saranno tali che lo porteranno a tentare di strangolare la moglie, ma quando prenderà coscienza di tale atto, fuggirà via di casa per la vergogna. Jeanne rimasta completamente sola con il suo dolore, comincerà ad avere delle strane visioni: le apparirà un piccolo spirito dalla forma fallica che la stuzzicherà sessualmente, promettendole di ottenere molto potere e un giorno di vendicarsi del barone. Jeanne con la promessa di salvare suo marito, accetterà il patto con l'inquietante esserino, che si rivelerà essere l'impersonificazione di Satana. L'essere aumenterà progressivamente le sue fattezze ogni qual volta Jeanne patteggerà con lui, ma questa metamorfosi sarà speculare, la donna infatti acquisterà sempre più fascino, potere, salute e ricchezza, elevando progressivamente il suo rango sociale, fino a sfidare la posizione e reputazione del barone.


Il film è composto da illustrazioni magnifiche, che sembrano principalmente essere influenzate dall'arte occidentale, possiamo scorgere nelle eleganti e voluttuose figure femminili lo sguardo di Gustav Klimt, nelle forme stilizzate e le linee pure, gli inchiostri in bianco e nero di Aubrey Beardsley, ma anche la drammaticità delle linee spigolose e la cromia decadente delle opere di Egon Schiele. Le immagini, soprattutto nella prima parte del film, sono statiche e descrivono figurativamente proprio la staticità, l'austerità di quello stesso mondo medievale dominato dalla morale cristiana. Le animazioni invadono gradualmente la staticità delle illustrazioni sgretolando tutte le inamovibili certezze di quel mondo. Emblematico è l'evento dello stupro in cui la figura di Jeanne verrà lacerata e immersa dal suo stesso sangue che pulserà animatamente nel suo sesso, i quali schizzi prenderanno le sembianze di spettrali pipistrelli rossi, un'immagine di incredibile violenza e intensità che prefigura una rottura formale. Rottura che troverà la sua massima espressione attraverso le tentazioni di Satana, aprendo così le porte ad un mondo visionario sempre più caotico, sovversivo e pagano. Quando la protagonista si donerà completamente a Satana, assisteremo ad un vero e proprio trip visivo, in cui elementi figurativi della storia rinascimentale e moderna si sovrapponeranno gli uni agli altri, orgiasticamente, dominando tutto lo spazio-tempo filmico. Questa scissione non sarà affatto casuale, perché anticiperà gli intenti dell'opera che si riveleranno nel tragico e potente finale: Jeanne, una volta acquisito il potere necessario grazie a Satana, diverrà una vera e propria strega, le sue conoscenze porteranno la popolazione ad acquisire una maggiore libertà sessuale (come la pratica della contraccezione e dell'amore libero extraconiugale), oltre che a salvare innumerevoli vite umane dalla peste grazie alle sue erbe mediche. Diverrà una donna talmente influente che il barone, percependo la grossa perdita di consensi, finirà di proporle di diventare il suo braccio destro, ma Jeanne non si accontenterà e gli chiederà di ottenere tutto il suo potere. Il barone prontamente si rifiuterà e condannerà Jeanne al rogo. L'impressionante scena del rogo finale ha molte analogie figurative con la Passione di Cristo, la donna sarà infatti crocifissa e successivamente fatta bruciare, il suo amato Jean tenterà di ribellarsi, ma verrà ucciso da una lancia di un soldato che si conficcherà nel suo costato, e l'ultimo sottile e poetico riferimento alla Passione sarà l'immagine della folla che comincerà a tremare come un'onda sismica non appena i due amanti moriranno. Ma quel terremoto si rivelerà essere di natura emozionale: è l'ira del popolo che verrà prontamente stemperata dalle minacciose lance dei soldati. Ma c'è un altro ma, i volti delle donne del popolo diverranno quelli di Jeanne, che incarneranno, simbolicamente, lo spirito sovversivo di tutti i futuri mutamenti sociali che porteranno alla rivoluzione francese. Yamamoto gestisce con intelligente e provocante audacia l'iconografia cristologica per costruire una parabola sovversiva sulla rivoluzione.
Il film, ad una prima lettura, potrebbe sembrare un omaggio al movimento di liberazione sessuale, ma sarebbe semplicistico definirlo tale, perché è molto ma molto di più di questo. Non è un caso che abbia persino suscitato parecchia indignazione da una parte del pubblico femminile, che ha bollato il film come anti-femminista e promotore di una "cultura dello stupro". I motivi sarebbero imputabili allo sguardo onnisciente maschile che filtra tutto l'immaginario della storia: la figura di Jeanne è sempre erotizzata, il suo corpo è continuamente violato per gran parte della durata del film e la sua libertà, la sua emancipazione femminile dipende esclusivamente da Satana che tenta in tutti i modi di dominarla. In sintesi, il pene del barone detiene il potere del mondo medievale e quello stesso mondo viene sovvertito dal pene di Satana. Questa visione fallocentrica risulterebbe così degradante per il genere femminile. In realtà se mettessimo da parte tali conclusioni e analizzassimo attentamente il film capiremmo che Satana viene presentato chiaramente come una parte dell'Io della protagonista, ed è essendo la protagonista eterosessuale, il suo immaginario erotico, il suo desiderio sessuale non può che essere indirizzato verso un uomo e i suoi genitali, oltretutto ciò che frena la protagonista dal fornicare con Satana non è certo l'assenza di piacere o la mancanza di consenso (inizialmente è divertita da quella piccola forma fallica), ma il suo senso di colpa, inculcato proprio da quella stessa morale cristiana che impone ai suoi sudditi il coito completo, esclusivamente finalizzato alla riproduzione e all'interno di una relazione matrimoniale monogama. La protagonista grazie a Satana scopre il piacere delle zone erogene del suo corpo, ma scopre anche la sua parte maschile, scopre così di poter avere un posto, un ruolo, un potere nel mondo, esattamente come è possibile per un uomo. Una visione diametralmente opposta alle accuse di sessismo, ma neanche prossima ad una visione libera da qualsiasi assoggettamento del dominio maschile. Ma sta proprio qui la potenza tragica dell'opera, Jeanne non è altro che una Proserpina che lotta continuamente per la sua libertà, spaccata e contesa letteralmente tra due mondi. Tracce del patriarcato vivono ancora oggi, fuori e dentro di noi, hanno persino attraversato gli oltre duecento anni che ci separano dalla rivoluzione francese, come una maledizione senza fine. "Belladonna of Sadness" è un film oscuro, maledetto, controverso, capace ancora oggi di suscitare un'enorme quantità di emozioni e riflessioni contrastanti, è un film che sfugge disinvoltamente ad una chiave interpretativa, non puoi tentare di addomesticarlo, come succede solo con i grandi capolavori.

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