giovedì 3 dicembre 2020

La regina degli scacchi (2020)

Miniserie prodotta da Netflix che ha riscosso un importante successo e apprezzamento da parte del pubblico e una buona parte della critica. Finora è la serie di Netflix con sceneggiatura non originale più vista di sempre, vanta di circa 62 milioni di visioni in solo 28 giorni dalla data della sua uscita, vien spontaneo da chiedersi: qual è il segreto del suo successo? Probabilmente è stato determinato da diversi fattori, da un lato ha certamente inciso l'inizio della seconda ondata della pandemia che ha spinto sempre più persone a rintanarsi a casa davanti alla tv, dall'altro è indubbio l'indiscutibile fascino del soggetto di questa storia: gli scacchi, qualcosa di così lontano dal nostro presente e dall'attuale virtualizzazione della realtà e dello sviluppo che hanno intrapreso i giochi stessi. La nascita degli scacchi si stima sia avvenuta in India presso l'impero Gupta attorno al VI secolo d.C. con la diffusione del caturaṅga, considerato il loro più accreditato precursore. 
Non ultimo e meno importante aspetto della serie è la sua protagonista, interpretata da una quanto mai perfetta Anya Taylor-Joy (sì, proprio la musa di Robert Eggers in "The Witch"), che con il suo sguardo magnetico, la sua durezza e la sua fragilità ha costruito uno dei personaggi più affascinanti visti sullo schermo negli ultimi anni. L'ideatore e regista della serie Scott Frank segue la sua protagonista a passo felpato, senza forzare nulla, lasciando che Anja domini con naturalezza gli scenari. Il ritratto di formazione della campionessa Beth Harmon risulta onesto, appassionato e piacevole, incastrato magnificamente dentro un'ambientazione americana perfetta degli anni 50' e '60. Tutto è misurato minuziosamente ne "La regina degli scacchi", forse troppo per sorprendere più di quanto vorrebbe, ma abbastanza per toccarci dentro, perché non è solo una dignitosa rappresentazione della solitudine, dell'alienazione e di una vorticosa lotta contro la dipendenza da alcol e i psicofarmaci, ma è soprattutto la rivelazione di una solidarietà tutta fisica, di una vicinanza tra culture, di un'unione tra generazioni lontane... di quella straordinaria condivisione di sentimenti che sono propri dell'attività del gioco. Questa serie è proprio uno "scacco" al cuore, da concedersi.

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